Spettacoli per le scuole al mattino

per contatti scuole@teatrocavour.it

Scuole elementari

10 febbraio ore 10.30
ESOPO OPERA ROCK
Ideazione e regia Sergio Maifredi
Musica Bruno Coli
Libretto Stefano Curina
Produzione Teatro Pubblico Ligure
Con Enrico Campanati, Pietro Fabbri, Carla Peirolero, Mariella Speranza

Esopo Opera Rock è uno spettacolo storico, che ha calcato per oltre quindici anni i palcoscenici dei teatri italiani. Le favole di Esopo riscritte e messe in musica. Uno spettacolo coinvolgente che fa rivivere in canzone le favole più famose di Esopo: la volpe e l’uva, il lupo e l’agnello, il leone e il topo, la gatta e Afrodite, le rane che chiesero un re, la scimmia e il cammello… Lo spettacolo sarà realizzato creando e coinvolgendo un coro di trenta bambini delle scuole elementari di Imperia che parteciperanno – dopo un laboratorio ed un periodo di preparazione - a questo nuovo allestimento creato al Teatro Cavour per la Città di Imperia.

MUSICAL

Mercoledì 25 marzo ore 10.30
LA BELLA E LA BESTIA
di Roberto Anglisani e Liliana Letterese
Con Liliana Letterese e Andrea Lugli
Regia di Roberto Anglisani
Movimenti scenici curati da Caterina Tavolini
Uno speciale ringraziamento a Lorenzo Cutuli
Fonte M.me Leprince de Beaumont

Menzione speciale al Premio Eolo Awards 2007
Premio della Critica al Festival “Luglio Bambino” di Campi Bisenzio (FI) 2006

Un mercante, padre di tre figlie, si smarrisce nel bosco, di ritorno da uno sfortunato viaggio d’affari. Trova rifugio nel palazzo della Bestia, un essere orribile, metà uomo e metà belva. Qui cerca di rubare una rosa e per questo la Bestia lo minaccia di morte. L’unica sua possibilità di salvezza è che sia una delle sue figlie a morire al suo posto. La più bella delle tre figlie accetta il sacrificio e si reca al palazzo. Ma andrà incontro ad un altro destino.

Lo spettacolo utilizza, principalmente la tecnica del racconto orale, con la sua essenzialità ed immediatezza. Ma spesso la parola si fonde al movimento espressivo o lascia completamente lo spazio a sequenze di “gesti-sintesi”, per cogliere l’essenza più profonda del racconto, con pochi oggetti e costumi, lasciando alla voce e al corpo tutta la loro forza evocativa.

TEATRO D’ATTORE E DI NARRAZIONE

Scuole medie

Venerdì 20 marzo ore 10.30
PER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNI
di Gianni Clementi
liberamente ispirato al romanzo di Luigi Garlando
con Stefano Messina e Giacomo Messina
regia di Stefano Messina
Produzione Compagnia Attori & Tecnici - Roma

Giovanni è un bambino di Palermo. Per il suo decimo compleanno il papà gli regala una giornata molto speciale: una gita attraverso la città, per spiegargli come mai per lui è stato scelto proprio il nome Giovanni. Tappa dopo tappa, nel racconto prendono vita i momenti chiave della storia di Giovanni Falcone, il suo impegno, le vittorie , le sconfitte, l’epilogo. Giovanni scopre che il papà non parla di cose astratte: la mafia c’è anche a scuola, è nel ragazzino prepotente che tormenta gli altri, è nel silenzio di complicità che ne avvolge le malefatte. La mafia è una nemica da combattere subito, senza aspettare di diventare grandi, anche se ti chiede di fare delle scelte e subirne le conseguenze. Tratto dallo splendido romanzo di Luigi Garlando, lo spettacolo si propone di dare un’idea più completa di che cos’è la mafia e di come la si possa combattere nella vita di tutti i giorni, perché i fatti per essere meglio compresi non hanno bisogno solo della cronaca, hanno bisogno di essere raccontati. La letteratura, il cinema, il teatro, grazie alla loro capacità di comunicare e suscitare forti emozioni, rendono viva la partecipazione e la commozione anche a chi quei fatti non li ha vissuti in prima persona. “Il mio e quello di tutti - sottolinea Stefano Messina che dello spettacolo è interprete e regista - è l’impegno a dare un piccolo grande contributo per far camminare, come diceva Giovanni Falcone, le idee di giustizia e libertà, nonostante gli uomini passino, sulle gambe di altri uomini”.

PROSA

Scuole superiori

Venerdì 16 gennaio, ore 10.30
LA PALESTRA DI PLATONE
Filosofia come allenamento
di e con SIMONE REGAZZONI
Progetto e regia
SERGIO MAIFREDI
Musiche eseguite dal vivo da:
EUGENIA CANALE, pianoforte
LUCA FALOMI, chitarra acustica
EDMONDO ROMANO, percussioni e fiati
Disegno luci: Paolo Benvenuto
Produzione Teatro Pubblico Ligure / Teatro Cavour

Riportare i classici e la filosofica antica nello spazio pubblico. Per fare questo servono nuove forme di trasmissione del sapere che sappiano appassionare, smuovere gli animi e abbiano la forza di coinvolgere tutti. La palestra di Platone risponde concretamente a questa sfida con uno spettacolo teatrale innovativo, sperimentale, che al ritmo serrato di un concerto rock fa dialogare Platone e Muhammad Ali, Michael Jordan e Omero, il suono del flauto greco e la chitarra distorta di Eye of the Tiger. Nessuna provocazione: un’opera teatrale contemporanea che riporta in vita lo spirito autentico e originario, la forza vitale della filosofia platonica.

TEATRO DI NARRAZIONE CON MUSICA DAL VIVO

Lezioni spettacolo
per le scuole medie e superiori
a richiesta su prenotazione per tre classi alla volta

PRIMO PERCORSO

STORIA SEGRETA DEI GRANDI LIBRI
A cura di Corrado Bologna
Cinque incontri, ognuno di un’ora circa. Ogni incontro, accompagnato da immagini e da testi, porterà alla luce il “segreto” di uno dei capolavori della nostra letteratura (Dante, Petrarca, Boccaccio, Manzoni, Gadda). Seguendo i percorsi della creazione e della trasmissione materiale si mostrerà come, per comprendere a fondo una grande opera, sia necessario entrare nelle pieghe con cui essa viene forgiata e plasmata dall’autore stesso in “forma-libro”. Sfoglieremo idealmente i manoscritti a caccia delle “intenzioni nascoste” dell’autore, e le scoveremo, secondo il metodo di Sherlock Holmes, nei dettagli invisibili.

DANTE: Il manoscritto perduto
Immediatamente dopo la morte di Dante, nell’esilio di Ravenna (1321), la fama della Commedia si diffuse rapidissima in tutt’Italia, e si cominciò a cercare la copia autografa del grande poema, che in pochi anni fu moltiplicato e diffuso in innumerevoli esemplari, studiato, commentato come il capolavoro della modernità, unico libro capace di stare alla pari dei poemi antichi. Ma quell’autografo non venne mai alla luce: si continua a cercarlo come l’Araba Fenice. Nel suo Trattatello e altrove Giovanni Boccaccio racconta storie dai toni mitici sul ritrovamento di alcuni canti della Commedia nascosti in un muro, e altre vicende leggendarie su quel testo preziosissimo. Chissà se davvero di suo pugno Dante mise insieme un’edizione “di base” del poema completo, che Boccaccio stesso definì divino. I filologi cominciano a dubitarne, e il mistero s’infittisce sempre di più.

PETRARCA: Il libro della vita
Per più di mezzo secolo Francesco Petrarca compose e ordinò secondo criteri soprattutto tematici poesie di genere diverso (sonetti, canzoni, madrigali…) che per la novità dello stile e dei temi divennero canòniche come modello lirico in tutt’Europa. Ma l’idea centrale fu, verso il 1350, di raccogliere gli «sparsi frammenti della sua anima», come in un suo dialogo intitolato Il mio segreto lo invitava a fare l’interlocutore per eccellenza, Agostino. In parallelo il poeta cominciò a radunare e disporre in una sequenza “autobiografica” gli «sparsi frammenti della sua poesia», le «rime sparse», i Rerum vulgarium fragmenta: così intitolò il codice autografo oggi in Vaticano, su cui lavorò fino alla notte della morte (19-20 luglio 1374). L’organizzazione del manoscritto riserva segreti affascinanti, che dimostrano come Petrarca abbia progettato di edificare un’architettura poetica, basata su una disposizione insieme rigorosa e creativa delle poesie, legate con rapporti sottili e quasi invisibili fino a farne un libro imperniato sull’unità sentimentale e sul dinamismo armonico: quasi un Teatro della Memoria, in cui la messa in libro organizzata nei dettagli dall’autore offre al lettore il filo per ripercorrere le tappe del cammino di concentrazione e di sublimazione che si è trasformato in un romanzo spirituale.

BOCCACCIO: L’invenzione della letteratura italiana
Nei pieni Sessanta del Trecento, scomparso ormai da quarant’anni Dante e da venti coronato d’alloro in Campidoglio Petrarca, l’ormai maturo Giovanni Boccaccio, attraverso la sua esperienza di lettore di quei due grandi poeti e di appassionato studioso delle loro opere, ha “creato” una linea coerente su cui edificare un impensato cànone culturale, avendo nella mente il modello di quelli latini che le scuole avevano trasmesso per secoli. Questa linea, che trapela nel lungo, attento lavoro con cui Boccaccio organizza un codice Chigiano, oggi alla Biblioteca Vaticana, è appunto la letteratura italiana, un’«invenzione» mai prima pensata da alcuno, imperniata sull’opera poetica di Dante (Vita Nuova, canzoni liriche e Commedia) e sul canzoniere di Petrarca, con l’integrazione del capolavoro del pensiero poetante averroistico del Medio Evo, Donna me prega di Guido Cavalcanti, accompagnato dal commento di Dino del Garbo (testimonianza unica, quindi tanto più preziosa e significativa). Lo stesso Boccaccio assume un ruolo di mediatore in questa formidabile, sofisticata «invenzione», non solo in quanto editor, ma anche come auctor, visto che colloca propri testi nei punti di snodo di un “sistema” che concepisce con lungimiranza, proponendosi quale ideatore della prima geografia e storia della letteratura italiana.

MANZONI: Lo scrittore in tipografia
Una volta pubblicati I Promessi Sposi in tre eleganti volumetti di stampo ancora settecentesco (1827), Manzoni comprese, dal successo di pubblico e dalle recensioni positive di alcuni grandi scrittori stranieri (E. A. Poe in America, W. Goethe in Germania, A. Puškin in Russia), che si apriva uno spazio culturale per dar vita a un grande progetto mai osato, non solo in Italia: un romanzo illustrato dall’autore. «Risciacquò in Arno» i panni della lingua, e poi arruolò uno stuolo di incisori coordinati da Francesco Gonin, a cui diede indicazioni precisissime sulle vignette da incidere per illustrare la nuova edizione del romanzo (che uscirà nel 1840, e sarà detta Quarantana) L’immaginario manzoniano diviene un palcoscenico, un osservatorio. La tessitura è sempre meno verbale-digressiva e sempre più visualizzante-figurale. La lingua sembra nascere da un’immagine, la porta in sé come un nòcciolo scenografico che contiene la forma essenziale del testo entro cui è impaginato. La Quarantana inserisce nel nuovo corpo testuale centinaia di incisioni che Manzoni stesso ha ideato come forma di scrittura visiva, guidando il bulino di Gonin con la precisione strategica di un cameraman. Antonio Baldini scrisse un saggio sottile su Manzoni aiuto-regista, riconoscendo la virtuale dimensione pre-cinematografica della visualità manzoniana. Di essa, durante l’incontro, verranno portate alla luce le intenzioni e gli strumenti di applicazione, specialmente in episodi fondamentali, come la “notte degli inganni” e l’“assalto ai forni”, che contiene le prime scene di massa della letteratura europea. E sarà divertente cogliere “don Lisander” in tipografia, chino sui piombi per misurare e impaginare testi e immagini come lui li voleva, in rapporto dialettico fra loro…

GADDA: Gli autografi nelle scatole da scarpe
Quando Carlo Emilio Gadda morì, ottantenne e con problemi di memoria, affidò tutto il contenuto della sua ultima abitazione, nella romana via Blumensthil, alla sua domestica affezionata e fedele, di nome Giuseppina. La povera donna, che aveva sì vissuto per decenni al servizio del più grande romanziere italiano, ma di letteratura masticava assai poco, decise di non gettar via gli innumerevoli fogli manoscritti e dattiloscritti, cosparsi di correzioni a penna e a matita, che ingombravano scaffali e tavoli di lavoro. La brava Giuseppina decise di raccogliere tutta quella carta polverosa, apparentemente inutile, in scatole da scarpe, e le conservò ordinate per molti anni. In questo modo, sia pure in una sede non particolarmente adatta alla prosa gaddiana, molti inediti e molte redazioni importantissime, piene di varianti, dei romanzi che Gadda aveva pubblicato (o meglio, si era lasciato strappare di mano dagli editori), si salvarono e dopo lunghe vicissitudini trovarono infine ricetto a Villafranca di Verona, nell’archivio di Arnaldo Liberati, nipote di Giuseppina. Qui i manoscritti sbucarono dalle scatole in cui Gadda aveva conservato le sue scarpe, e nel pieno senso del termine cominciarono a “sgranchirsi le gambe”. Bravissimi filologi (Paola Italia, Giorgio Pinotti, Claudio Vela) li studiarono, comparandoli con le stampe e gli altri materiali già a diposizione: e venne alla luce una nuova edizione, pubblicata da Adelphi negli ultimi anni, che in più di un caso ha cambiato in profondità i testi che conoscevamo. Sia lode alla signora Giuseppina, e alle scatole da scarpe che Gadda aveva conservato!

SECONDO PERCORSO

TRE SCRITTORI SBOCCIATI A PONENTE
A cura di Corrado Bologna
Inseguiamo il legame "botanico" fra i tre scrittori, sullo sguardo che vola sui terrazzamenti verso il mare, e sulla "ponentinità" delle loro latitudini mentali, tutte forgiate dalle vegetazioni tipiche del Ponente, da Villa San Giovanni alla casa di San Biagio a Villa Hanbury. Un filo di continuità che attraversa le differenze di stile e di visione del mondo.

ITALO CALVINO
Il mondo, un unico grande balcone che s’apre sul vuoto dell’aria

FRANCESCO BIAMONTI
Fra le mimose di San Biagio della Cima

NICO ORENGO
Ero cresciuto in un giardino botanico con piante e fiori che venivano dai quattro punti cardinali

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